lunedì 12 marzo 2012

(titolo sconosciuto)

oramai era diventata un'ossessione. aveva appena 25 anni ma la gelosia lo percuoteva dentro e lo faceva soffrire. così capitava che a volte, durante i suoi viaggi in camion, accostasse su una piazzola di sosta per vomitare. Troppa tensione dentro lui. Troppi pensieri. Troppe paure. Troppa bile. Si era tatuato il suo nome sul corpo, a voler significare eterno amore per la sua bella e ad esorcizzare la benché minima paura di poterla perdere. sì, era più che convinto di essere veramente innamorato. La amava profondamente. Ma lei cosa faceva ora? Era a casa o era uscita? E con chi, poi? La chiamò per la 7^ volta per sincerarsi che fosse a casa e che stesse bene. Le disse ti amo, poi riattaccò. Nel frattempo era giunto a destinazione. Quasi senza accorgersene, tanti erano i pensieri che attraversavano la sua mente. Scaricò il camion in tutta fretta poi, prima di ripartire e tornare dalla sua donna, come di consueto allungò leggermente la strada per recarsi in bonifica. Conosceva quella strada palmo palmo. Salutava per nome la maggior parte delle puttane lì presenti, visto che si recava spesso da quelle parti. Ne scelse una con estrema attenzione, la caricò sul camion e la scopò alla pecorina. Come sempre, fu un lampo. Pagò e ripartì. Chiamò di nuovo la sua donna per sincerarsi che non fosse andata in giro a fare la troia -perché il mondo è pieno di troie e lei deve stare molto attenta a come si comporta- quindi riattaccò mentre il suo mezzo correva veloce verso casa.

era stanchissima. il piccoletto correva da una parte all'altra della casa, lei doveva sacrificare l'intera giornata per stargli dietro. arrivava alla sera che era distrutta, non vedeva l'ora d'infilarsi sotto le coperte e dormire un po'. ma non poteva. doveva lavare, stirare e cucinare. e rispondere al telefono. di continuo. lui la chiamava a qualsiasi ora del giorno e della notte. era quella la cosa più stressante. no, si disse, non è più possibile andare avanti così. dov'è la fiducia? dov'è l'amore? dov'è il rispetto dell'altrui persona? si poneva spesso queste domande. ma nessuna risposta. solo silenzi.

lo mollò. decise di ricostruirsi una vita. da sola. no, col figlio. lui era out, per sempre. non dimenticava le botte. non dimenticava i litigi. non dimenticava le minacce. non dimenticava la segregazione in casa, chiusa dentro per impedirle di uscire. era fuor di dubbio che fosse pazzo, lo aveva capito sin dal primo momento in cui l'aveva conosciuto. ma non pensava potesse arrivare a tanto!!! iniziò a lavorare come postina; iscrisse il figlio all'asilo e trovò più tempo per curare la sua persona. quello che non aveva mai fatto; o meglio, che il suo ex le aveva sempre impedito di fare. gradualmente rifiorì pur avendo una ridotta disponibilità economica.


conobbe un nuovo ragazzo e cominciò a frequentarlo. era simpatico, un po' le piaceva pure, ma ci andava cauto. l'esperienza precedente l'aveva traumatizzata. oltretutto lui continuava a minacciarla. in più di una circostanza era stata costretta a chiamare la polizia. a sporgere denunce. aveva un po' paura, ma l'arma lo rincuorava. "stia tranquilla signorina, can che abbaia non morde. creda a noi, che abbiamo esperienza da vendere!"

il cane si svegliò rabbioso quella mattina, deciso a sbranare la causa della sua sofferenza. the judgement day. si armò di cattiveria e caricò. stavolta non a salve. attese che quel nome tatuato sul suo corpo finisse di lavorare. la prese per i capelli. la condusse davanti a quello stronzetto che aveva osato sbatterla.
sei tu che esci con lei?
chi se...?
BAAAAAAAAAAM sulle palle dello stronzettoBAAAAAAAAAAAM sul cuore di lei BAAAAAAAAAAAAM sul cuore di luigiustizia è fatta! giustizia per tutti!

nel frattempo, un bimbo attende invano il ritorno della mamma cattiva. che per sempre l'ha abbandonato. Perché? Si chiede perché? è disperato... piange... non riesce a capire... non può capire tanta follia... tanta cattiveria...
mamma!

mammina!

mammmmmmmmmmmmmmmaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
grido disperato destinato a non ottenere risposta. fu allora che la nonna gli cantò questa triste nenia, che lo addormentò:


San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla. 
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.
Ora è là come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
 l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido
 portava due bambole in dono...
Ora là, nella casa romita,
 lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano 
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
Oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male! 

Nessun commento:

Posta un commento