mercoledì 14 marzo 2012
oltre le nuvole
È una bella stellata qui a Bovolenta, stanotte. Fuori dal balcone fumo una sigaretta osservando il cielo. La notte. La mia signora. Lo è sempre stata e sempre lo sarà. La luna, che un giorno mi fu regalata da una magnifica fanciulla. Le stelle. Mi fanno tornare in mente una canzone dei boy-scout quando, tenendoci per mano intorno al fuoco, la cantavamo sommessamente. “quante stelle quante stelle/dimmi tu la mia qual è/non ambisco la più bella/purché sia vicino a te”. Era una preghiera che rivolgevamo a Dio e che poneva fine all’ennesima, dura giornata di campo. Io no. Non pensavo mai a Dio in quei frangenti. Osservavo il cielo mentre cantavo quella canzone, spesso gli occhi si riempivano di lacrime e il canto si strozzava in gola. Cercavo la mia stella. La volevo bella e vicino a Te. Amavo. C’era sempre una qualche ragazza che mi piaceva, al punto da confondere questo sentimento con l’amore. 24 anni dopo guardo ancora le stelle e canto quella canzone, chiedendo al mio dio -che non so neppure chi sia e se davvero esista, ma la cosa non mi tange- di averne una tutta per me. Classico romanticismo di fine giornata che stride con il mio quotidiano, nel quale raramente ne permea anche solo un po’. E quando ciò avviene, la gente sgrana gli occhi. Io però cerco sempre la mia stella, l’ho sempre cercata. Talvolta con ansia, altre volte senza fretta. Ma sono attentissimo ai messaggi che mi vengono trasmessi. Alle reazioni delle persone a quel che dico. Alla capacità che hanno di leggermi tra le righe. Perché il vero Gianluca è quel che si legge fra le righe, è lì che batte il mio cuore. E’ lì che alberga il mio sentimento più puro. Da non mostrare a chicchessia, da lasciar intuire a chi è puro di cuore. La luna, quasi piena, mi guarda e sembra quasi che mi sorrida. Fa sempre così quando amo. E io oggi amo. Amo chi probabilmente non avrò mai, ma mi lascio cullare dalle poche possibilità che ho di averla e lascio che sia. Lascio che il sentimento cresca dentro me al punto tale da farmi impazzire di gioia. Voglio toccare il cielo con un dito. Per poi cadere col viso in mezzo alla polvere. Farmi male. “Non mi va di innamorarmi perché poi ne soffro”. Qualcuno mi ha detto questo, poco fa’. Io voglio soffrire, invece. Voglio sentirmi la sofferenza dentro perché è vero che fa star male, ma è pur vero che amare fa raggiungere l’estasi. La felicità suprema. Che è quella che io desidero. Allora, io oggi mi dico: val la pena di rischiare.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento