mercoledì 14 marzo 2012

LA BORA

Il vento sibila tra le fessure della finestra, mentre la neve picchia con forza sui vetri. 
Un uomo solo lascia che il suo sguardo si perda nell'orizzonte che nessuna luce attraversa. 
Non oggi, perlomeno. 
Il cielo è incazzato con la natura umana e riversa sulla terra quanta più merda possibile, urlandogli in faccia tutto il suo disprezzo; se ne fa portavoce questa bora fredda e pungente che sferza il viso, ne strappa via le lacrime e se le porta lontano lontano, dopo averle congelate. La sigaretta che brucia tra le labbra dell'uomo solo è l'unica parvenza di luce in un mare di tenebre che, improvvisamente, ha abbracciato tutto quel che c'era intorno. 
Rumore di burro che frigge in una padella. 
Calo di tensione, poi il buio diviene assoluto. Il vento, invece, non cessa, continua ad ululare la sua rabbia dando voce ad un silenzio irreale. Mette quasi paura all'uomo solo, il cui sguardo continua a perdersi nella bufera, con fare assente, asettico, mentre la sua pelle vibra di un qualcosa di indefinito che a ragione potrebbe esser paura. 
O felicità. 
O amore. 
Non gli importa di saperlo, stanotte vuol godersi il momento nell'attesa che anche l'ultima luce declini nel posacenere.
Poi chiude gli occhi, e si lascia dolcemente cullare da un vento che prende a ceffoni ogni qual volta provi a sfidarlo. Talvolta però il vento freddo del nord-est riesce a disegnare con dolcezza i lineamenti di un viso, accarezzarne i contorni, e sussurrare parole dolci ad orecchie desiderose di riceverne

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