Le palpebre sono terribilmente calate, riducono i miei occhi a poco più di una fessura. Sarà il sonno, stanotte si è dormito poco e male; però cazzo se abbiamo riso!!! Saranno le Guinness; tante, troppe per il fegato ma non ancora abbastanza per il cervello. C'è sempre qualcosa da dimenticare. O da festeggiare. O tutt'e due. C'è sempre una buona scusa per bere, soprattutto quando si è in ottima compagnia. Osservo attentamente i miei amici. Barbagli di luce impressionano la mia pupilla. Merito (o colpa) dei capelli bianchi che ogni giorno di più adornano le loro teste. Le nostre teste, sempre più vicine agli -anta. Ci penso per una frazione di secondo, provo quasi paura. Quarant'anni son tanti. I nostri calici di Guinness cozzano tra loro mentre gli occhi fissano gli occhi e le labbra pronunciano un “cin”, sempre meno cin e sempre più sballottato a destra e a manca dalla potenza distruttrice di un alcool che in queste serate è il perfetto collante. Giù risate a profusione. I miei occhi si posano nuovamente lì. Osservano il bianco nel nero o nel castano scuro. Il tempo avanza, ti travolge, ti porta via con sé e cancella la gioventù lasciando nostalgici ricordi.
Questo accade solo se tu lo vuoi. Se non senti e trovi la forza dentro te che ti faccia reagire. Perché, e questo me lo insegnò la mia vecchia Polo 1.0 anno 1998, “lagiovinezza è un limite che non è segnato sul libretto di circolazione; la gioventù la cerchi e trovi dentro te. E poi devi avere la forza di preservarla dagli agenti esterni”. Così si espresse la mia vecchia auto rispondendo agli sberleffi che la volevano catorcio da rottamare. Lei me lo sussurrò, quasi a tranquillizzarmi. A lei non importava cosa dicessero gli altri. Lei arrivava dove voleva, senza limite alcuno. Io lo sapevo. Non l'ho mai abbandonata. E lei mai ha abbandonato me. Per trecentomila lunghi chilometri.
Quelli della Soffitta sono così. A vedere le loro barbe incolte sempre più bianche o i loro capelli diradarsi ed incanutirsi o i loro volti scavati dopo un week-end a prova di bomba, potresti dargli un soldo bucato. Loro invece ti pisciano in culo. Di te fanno polpette, e non vivono di ricordi. Quel che è successo un istante fa è già passato e dimenticato. Ora è importante vivere l'oggi. Di ieri preservano lo spirito. Solo quello. E forse qualche foto, se hanno l'accortezza di farle prima di esser risucchiati dal vortice della goliardia fino al punto da dimenticare di aver con loro una macchina fotografica. È quello lo spirito che conta, solo quello. La carta d'identità è carta da culo. L'aspetto esteriore è uno specchietto delle allodole. Guarda dentro loro, se riesci a farlo. Se sai come si fa. Se sai cosa voglia dire. Se hai consapevolezzadi te stesso. È là, dentro le loro anime, che troverai la sorgente della vita di coloro che vivono esistendo ed esistono vivendo.
Perché quelli esistono davvero.
Perché quelli vivono davvero.
Nessun commento:
Posta un commento