una mia amica mi ha mandato una mail nella quale mi ha citato un pezzo di storia, che io riporto pari pari:
Toto’: “Sei pronto? Avanti, scrivi, incomincia: -Signorina‘ …-.
Peppino de Filippo: “Dove sta la signorina?”.
“Ma che, è entrata la signorina? Va’ avanti, animale, signorina è l’intestazione autonoma della lettera”.
“-Signorina, veniamo noi con questa mia a dirvi una parola che scusate se sono poche, ma settecentomila lire a noi ci fanno specie quest’anno, c’è stato una grande morìa delle vacche come voi ben sapete …-. Punto, due punti, ma sì, fai vedere che abbondiamo abondantis adbondandum. -Questa moneta servono a che voi vi consolate, vi consolate-, scrivi, che aspetti?”.
“Avevo capito l’insalata …”.
“Non mi far perdere il filo … -vi consolate dal dispiacere che avreta, che avreta, che avreta-, già, è femmina e va al femminile, -perché lo dovrete lasciare-”.
“Non so … perché che?”.
“Che è non so? Perché è aggettivo qualificativo … -perché dovete lasciare nostro nipote che gli zii che siamo noi medesimo di persona vi mandano questo perché il giovanotto è studente che studia che si deve prendere la laura, che deve tenere la testa al suo posto e cioè sul collo …-, punto, punto e virgola, punto e un punto e virgola”.
“Troppa roba!”.
“Lascia fare, se no dicono che siamo provinciali, siamo tirati … -Salutandovi indistintamente, salutandovi indistintamente … i fratelli Caponi- … apri una parente, -che siamo noi-. Hai aperte la parente? Chiudila”.
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