Bisognava fermarsi in segno di lutto. Ora aspettiamo risposte
UNA QUESTIONE DI STATO
di Alessandro Vocalelli
In fondo alla domenica nera del calcio, all’ennesima domenica nera del calcio, restano dolore, rabbia, un senso di sgomento e di impotenza, insieme a mille dubbi che gli informatori della domenica - quelli che perdono mille buone occasioni per starsene zitti - finiscono per ingigantire. Il povero Gabriele è morto da neppure due ore, non si sa ancora perchè e per colpa di chi, che dilettanti della sensibilità e del pudore, si lanciano già in analisi appassionate. Tirando in ballo, mentre scorrono magari le immagini dell’Heysel che non c’entrano nulla, ma proprio nulla, le colpe del calcio, della moviola, di chi reclama un rigore. La fine di Gabriele solo col passare del tempo e dei giudizi assume contorni più precisi, più chiari, nei racconti di un giovane con la passione del calcio, della Lazio e della musica. Uno che viene centrato da un colpo di pistola nel sedile posteriore dell’auto, con l’auto già in marcia. Incredibile se ci ripensate un istante.
Come è incredibile che a notte inoltrata non si riesca ancora realmente a capire cosa sia effettivamente accaduto. Uno, due colpi sparati per aria che sfondano un finestrino e colpiscono una persona? E’ pazzesco a dirla così. E allora, a notte inoltrata, ancora tutti lì a chiedersi: ma come può un poliziotto sparare da una parte all’altra dell’Autogril - in mezzo sessanta metri e sei corsie di autostrada! come può un Paese normale accettare una cosa del genere? Eppure, sette, dieci ore dopo siamo tutti davanti a un film, un orribile film, e non sentiamo l’urgenza di uscire, scappare, da un mondo ormai sottosopra.
Invece, no. Tutti lì, impegnati nel consueto, stucchevole, teatrino che abbiamo vissuto già decine di volte. Quali sono le colpe del calcio? Che aspettiamo a vietare le trasferte ai tifosi? Cosa deve fare il pallone per non essere più prigioniero di chi poi impedisce che dentro gli stadi si giochi? Era giusto fermare tutto il campionato e ora non bisognerebbe sospendere l’attività per un mese? Un fiume di parole, mentre il dolore ti assale e ti chiedi: quali sono le colpe del calcio di fronte a tragedie così?
Vietiamo le trasferte ai tifosi? E allora impediamo anche a cinque ragazzi, come Gabriele e i suoi amici, di mettersi in macchina e andare dove gli pare? E che c’entrano le trasferte vietate se c’è una discussione, non sai in quel momento se per questioni politiche, di donne, magari soltanto per un parcheggio e dall’altra parte dell’autostrada parte una pallottola che ti colpisce e ti uccide? O non sarà anche questa la spia di un Paese ingovernabile che per paura, per inadeguatezza, per incoscienza, è andato ben oltre i limiti?
Resta, alla fine, il grande interrogativo della domenica, farfugliata in quel teatrino del calcio, dove da anni e anche nella domenica più tragica e nera sfilano tutti, nani e soubrette. Bisognava sospendere il campionato? Sì, in segno di lutto, perchè la morte va rispettata.
Ma non ha senso chiedersi semplicemente, senza le dovute implicazioni psicologiche, se bisognava giocare o non giocare. A Bergamo è stato deciso di scendere in campo e la partita è stata interrotta, con una vetrata che continuava pericolosamente a spezzarsi. A Roma è stato deciso di non giocare e la città è stata ugualmente teatro di cronaca nera.
Come dire che - se non si ricostruisce un rapporto di relazione, rispetto e convivenza - la partita diventa accessoria, un pretesto, che è piuttosto in atto una guerra tra una frangia di tifosi e le forze dell’ordine, molto più grande degli interessi e delle miserie del calcio. Ieri, oltre alla rabbia, per un ragazzo che non c’è più - e niente potrà mai attenuare il dolore come niente ha attenuato il dolore per la scomparsa di Raciti - almeno questo doveva essere, diventare, terribilmente più chiaro. Invece, no. Mentre qualcuno se la prendeva con la moviola, partiva già la convocazione per il prossimo vertice, come tanti ci sono già stati a proposito di tornelli e biglietti nominali. Ma è ora che chi rappresenta lo Stato ci dia spiegazioni plausibili e soluzioni adeguate.
Per il resto, un po’ di rispetto e silenzio: almeno in nome di Gabriele e del dolore della famiglia.
mercoledì 1 febbraio 2012
TRATTO DAL CORRIERE DELLO SPORT
il più bell'articolo che abbia mai letto. Leggetelo, e riflettete.
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