mercoledì 1 febbraio 2012

CARA MAMMA,

ti scrivo su queste pagine perché spererei che tu non le legga mai. Metto a nudo la mia anima, lo sai, è molto pudica e forse non accetterebbe mai che tu la vedessi in queste condizioni. E’ il 2 Ottobre 2007, mamma, ho 36 anni e non ti ho mai detto e (forse) fatto capire quanto ti voglio bene. Sto piangendo ora, scrivendoti una lettera che voglio che tu non leggerai mai. Mi sono accorto di quanto il tempo scorre via velocemente, senza attendere, senza darti l’opportunità di tornare indietro, anche solo per chiederti scusa. Per dirti che ti voglio tanto bene. Continuo a versare lacrime, era un bel po’ che non lo facevo. Non è successo nulla di tanto grave e doloroso da farmele versare. Piango perché il mio pensiero volge a te, a te che mi hai dato la vita, a te che mi hai insegnato a vivere, a te che mi hai detto anche non dicendomi, a te che mi hai sempre voluto tanto bene anche quando non lo meritavo. Mi hai dato dei valori, mamma, sono i tuoi ed è perciò anche grazie a te che mi voglio bene, che ho imparato ad amare me stesso. Perché so che buona parte di quello che ho dentro è roba tua. E guardandoti, osservandoti da lontano, vedendo i tuoi gesti, sentendo le tue parole, la tua totale disponibilità, il tuo farti in quattro per noi figli, mi lascia basito. Mi fa capire la grandezza dell’amore che una mamma ha verso i propri figli.
Disteso sul divano, con gli occhi chiusi., cerco di riposare un po’; e nel dormiveglia mi tornano alla mente echi di vecchie canzoni e di poesie sulla mamma. Quelle canzoni imparate a memoria, o quelle poesie recitate davanti a tutti i parenti. A memoria, senza capire esattamente il loro significato. Fino a quando, in un pomeriggio di mezza estate, la mente si sofferma su queste frasi, e trova riscontro in te. Gli anni passano, maledizione, si invecchia e poi si muore, restano i ricordi dietro ai quali struggersi e commuoversi un po’. E’ crudele la vita, vorrei che il tempo tornasse indietro e rifermasse a 20 anni fa... Ma poi mi dico: perché? Quello è passato, Gianluca, non tornerà mai più. Ma ti ha lasciato dentro qualcosa di incredibilmente grande: l’amore materno. Anche se lo hai capito tardi.

Oh, mamma, sto ancora piangendo come un bambino pensando a te. A volte mi guardo intorno e mi chiedo se possa aver deluso le tue aspettative. Non so, forse ti aspettavi che sarei diventato qualcuno. Un medico, un giornalista di fama, una persona importante. Che mettessi su una famiglia e ti dessi la gioia di diventare nonna. No, non ti ho (ancora) dato nulla di tutto ciò, ma non ho mai avuto l’impressione che ti abbia deluso. Che ti aspettavi qualcosa da me che non ti ho mai dato, che non abbia raggiunto un obiettivo che tu tanto anelavi che raggiungessi. E’ come se da me non ti attendessi nulla... Sei una mamma perfetta: un uomo deve essere libero di fare le proprie scelte, nel bene e nel male, e di sentire la fiducia dei propri cari. Io non sono nulla. Sono un modesto impiegato di una piccola ditta, sbarco il lunario con estrema sofferenza e la vita – vista secondo l’ottica della società moderna – mi riserva ben poche soddisfazioni. Tu però non misuri le soddisfazioni in termini economici, la tua valutazione è un’altra.

Meriti ogni bene mamma, meriteresti che quando torno da Padova ti abbracciassi forte forte, magari senza dire nulla, ma trasmettendoti in un abbraccio tutte le emozioni che tu hai saputo donarmi e che io ho dentro. Che in quell’abbraccio ti trasmetta pure tutto il bene che ti voglio. Perché, mamma, devi sapere che io te ne voglio tanto, e ti prendo come esempio ogni giorno di più. La tua forza, il tuo coraggio, il tuo decisionismo che celi dietro un’apparente fragilità, il tuo farti carico di tutti gli oneri della famiglia. E quando, nella mia casa, mi accingo a fare qualsiasi cosa penso a te, e tu mi dai la forza di fare anche se sono stanco e non ce la faccio più.

Un bacio mamma, e grazie di avermi dato la vita.

Gianluca

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